Tipologia: Ospedale Psichiatrico Abbandonato
Causa dell'abbandono: Legge Basaglia
Data esplorazione: 11/2017
Condizioni: Buone/Pessime a seconda del padiglione
Stato Attuale: Abbandonato
Valutazione Personale (1/10): 8
In questa esplorazione vi porto all’interno di alcuni padiglioni del Manicomio di Volterra, uno dei più grandi e famosi d’Italia.
Storia
Gli inizi
Il manicomio di Volterra nacque nel 1884 in seguito all’istituzione di un ospizio di mendicità per i poveri del comune. Nel 1896 all’ingegner Filippo Allegri venne commissionato un progetto per trasformare la struttura in un vero e proprio ospedale psichiatrico. Nell’aprile del 1900 Luigi Scabia diventa direttore della struttura e inizia a far crescere il manicomio facendo diversi accordi, arrivando nel 1902 a far trasferire i malati dal manicomio di Como a quello di Volterra. Nel 1931 era diventato talmente grande che i malati provenivano dalle province di Pisa, Livorno, La Spezia, Savona, Imperia, Viterbo, Nuoro, Rieti e Roma. Le presenze medie giornaliere passarono dalle 150 del 1900 al loro massimo di 4.794 nel 1939.
Storia recente
L’aumento dei ricoverati rese necessaria la costruzione di nuovi padiglioni per accoglierli. Tutti padiglioni venivano battezzati con i nomi dei più celebri studiosi de tempo: il padiglione Kraepelin, il padiglione Krafft-Ebing successivamente intitolato a Luigi Scabia. Dal 1926 al 1935 vennero portati a termine i padiglioni Charcot e Ferri per i pazienti “semi agitati e agitati”. Il Padiglione Ferri era il famigerato reparto criminale dove venivano ospitati i pazienti pericolosi o presunti tali.
Nel 1933 fu istituita una moneta speciale interna che veniva data come pagamento ai ricoverati per i lavori che svolgevano quotidianamente, tale moneta aveva valore solo all’interno del manicomio. Seguirono gli anni difficili della guerra e il crollo del numero dei ricoverati. Nell’immediato dopoguerra si susseguirono numerose amministrazione straordinarie, che non giovarono per nulla all’ospedale.
Verso la chiusura
Fino al 1963 il clima era carcerario: gli infermieri venivano chiamati “guardie” o “superiori” (avevano il ruolo di custodia e di sorveglianza), le finestre dei reparti erano protette da sbarre che di notte venivano chiuse a chiave. Dal 1963 si iniziarono i passi verso una trasformazione sociale. Si svilupparono le prime idee di riforma e le prime pratiche alternative anti-istituzionali per arrestare il rigido regime che si era instaurato.
Queste idee, nonostante inizialmente fossero seguite solo da pochi operatori, rappresentarono l’inizio del cambiamento. Si iniziarono a diffondere le idee di deistituzionalizzazione, dell’aumento della libertà dei ricoverati e della riconquista dei loro diritti. La struttura chiuse definitivamente nel 1978 grazie alla legge 180, detta legge Basaglia.
NOF4
Uno delle cose che ha contribuito a rendere cosi famoso questo manicomio è sicuramente l’opera di NOF4. Nannetti Oreste Ferdinando, paziente ricoverato a Volterra dal 1958. Durante la sua permanenza ha inciso con la fibbia del suo panciotto un graffito nelle pareti esterne del padiglione Ferri di ben 180 metri e uno di 102 sul passamano di una scala.
Tutt’oggi questo graffito è stato ritenuto un capolavoro di Art Brut.
La mia esplorazione
In questa esplorazione mi sono accodato ad una visita guidata, in modo da non fare solo una visita fotografica ma un vero e proprio viaggio nella storia di questo manicomio. Purtroppo non sono riuscito a vedere tutti i padiglioni, alcuni infatti sono troppo pericolanti per essere visitati. Il primo reparto che visito è la neuro, il padiglione Sarteschi. Le sue stanze sono abbastanza inquietanti, trovo numerose sedie a rotelle arrugginite e malconce che contribuiscono a creare un’atmosfera lugubre, le stanze sono piene di murales, alcuni davvero geniali, faccio un bel po’ di foto e poi vado a riprendere il gruppo della visita guidata.
Ho saltato qualche padiglione perché troppo impegnato a seguire la storia di questo posto raccontata dalla guida. La guida si sofferma sopratutto sul padiglione Ferri, uno dei più famosi in quanto ospita il graffito di NOF4. Finisco il giro guidato e torno all’inizio per andare a fotografare il padiglione Charrot, gli interni di quest’area sono davvero inquietanti, gli spettrali corridoi con la vernice che si sta scrostando insieme al silenzio tombale che trovo rendono la visita davvero indimenticabile. Ma la vera chicca di questo padiglione in realtà sta nei sotterranei, qui trovo un incredibile murales, uno dei più belle che abbia mai visto. L’ultima parte della visita mi porta nel cimitero interno del manicomio.
Alla fine purtroppo non riesco a fotografare i padiglioni Bianche e Chiarugi, ma le foto fatte e le emozioni provate mi ripagano per il lungo viaggio fatto.
Buona visione.
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